IL RIVOLUZIONARIO ERRANTE - Vite, utopie e fallimenti di Nikolaj Sudzilovskij
Di Chiara e Fabio Bussotti
Debutto Busto Arsizio (VA), Teatro Sociale Delia Cajelli – 22 marzo 2024
Produzione Teatro Sociale SRL – Educarte
Regia Alberto Oliva
Con Federico Grassi e Fabio Bussotti
Scene I.S. Carlo dell’Acqua
Costumi La Lory Milano
Disegno Luci e service Audiofonica
Aiuto regia Gea Rambelli
“Lo sai che se ti ci guardi troppo a lungo, nello specchio, alla fine impazzirai?”
Fotografia Beppe Bisceglia
In Unamuno, nessuno e centomila accade quello che nella realtà non è mai accaduto: Miguel de Unamuno e Luigi Pirandello si incontrano su un palcoscenico.
Nel prologo, Unamuno racconta di avere appena pubblicato il suo romanzo “Nebbia”. I recensori, però, non sono stati teneri. Hanno scritto che il romanzo è troppo pirandelliano. Secondo il loro autorevole parere, lo scrittore spagnolo, non solo non è stato originale, ma ha palesemente copiato l’italiano. Ora, messi uno di fronte all’altro, i due scrittori, armati di parole, finalmente si confrontano. Chi è stato a rubare le idee dell’altro?
Nella prima parte dello spettacolo (ma siamo già al secondo round di un match senza esclusione di colpi), Unamuno è sé stesso, mentre Pirandello veste provocatoriamente i panni di Augusto Pérez, protagonista del romanzo “Nebbia” dello scrittore spagnolo.
Nella seconda parte, Pirandello torna a essere se stesso, mentre Unamuno si presenta travestito da dottor Fileno, personaggio in cerca d’autore del racconto pirandelliano “La tragedia di un personaggio”.
Il finale, immerso in una nebbia metafisica, è in mano ai soli personaggi. Pirandello e Unamuno non ci sono più, non esistono più (il primo è appena morto, il secondo sta per morire), ma Augusto Pérez e il dottor Fileno sono lì, con i loro pensieri, i loro dubbi; due orfani, malinconici, ma vivi, grazie ai lettori e anche agli spettatori presenti alla rappresentazione. Il loro dialogo, nello sforzo di mettere a fuoco le nebulose trame del destino, è al contempo poetico e ironico. Non dispiace a nessuno dei due sottomettersi a quel gioco immortale che si chiama Teatro.
Un grande specchio al centro della scena troneggia come un totem, un portale spazio-temporale, uno squarcio tra la realtà e la finzione. Da questo grande specchio, in un dentro-fuori di cui è impossibile stabilire i confini, emergono due figure, interpretate da due attori di grande esperienza, Federico Grassi e Fabio Bussotti, che di questo gioco teatrale è anche l’autore.
Chi sono queste due figure? Miguel de Unamuno e Luigi Pirandello, i loro personaggi, i loro personaggi ma invertiti rispetto al legittimo autore? O sono due attori in un teatro che fingono di essere i personaggi che fingono di essere gli autori? O tutte queste funzioni insieme? O nessuna di queste?
L’ubriacatura semantica potrebbe continuare all’infinito, amplificata dagli effetti spettacolari del grande specchio, dalle videoproiezioni che spostano l’ambientazione dalla realtà alla mente, ma tutto alla fine ci riporta nel qui ed ora del teatro e delle nostre vite, a interrogarci sulla nostra identità.
Pirandello e Unamuno, rivali senza volerlo e senza conoscersi, ma in realtà uniti da una medesima sensibilità sui grandi temi del doppio, del frantumarsi dell’io e della rappresentazione di sé, rivivono sul palcoscenico a cent’anni dalla loro affermazione nel mondo e si fanno portavoce delle nostre domande contemporanee, dei nostri dubbi esistenziali e delle nostre fragilità.
E lo fanno con ironia, attraverso un dialogo serrato che gioca con le loro opere, con il calembour e con la fantasia, accompagnando lo spettatore in un viaggio onirico e surreale che strizza l’occhio a Magritte, per dirci che – forse – “ce ci n’est pas un spectacle”. C’est la vie.